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A.D.I.M. Reggio Emilia

Divina Misericordia

IL CULTO DELLA DIVINA MISERICORDIA

Fu un giorno d’importanza storica quel 30 aprile del 2000, ottava di Pasqua del Grande Giubileo. Davanti ad una folla immensa, Papa Giovanni Paolo II canonizzava suor Faustina Kowalska la piccola segretaria di Gesù Misericordioso.

Nell’omelia il Santo Padre dava ufficialità al titolo di «Domenica della Divina Misericordia» per definire la Seconda di Pasqua ed enunciava i fondamenti interpretativi validi a collocare proprio nel cuore del mistero pasquale il messaggio e il culto della Divina Misericordia, proponendolo come speranza per «illuminare il cammino agli uomini del terzo millennio».

Subito dopo, il 5 maggio 2000, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti emetteva un decreto che fissava nel calendario liturgico universale questa Domenica della Divina Misericordia, giustamente avvisando di non modificare alcun testo della liturgia già in atto (in quanto evidentemente già pienamente atta a illustrare il tema e far vivere il mistero).
Affermava che questa era una precisa volontà del Papa, il quale però aveva tenuto conto dei segni dei tempi. Così infatti si legge: «Nella nostra epoca i cristiani, provenienti da numerosi paesi del mondo, desiderano innalzare questa Misericordia nel culto divino, specialmente nella celebrazione del mistero pasquale, nel quale risplende soprattutto la bontà di Dio verso tutti gli uomini».

Non tutti però, fino a questo punto, erano a conoscenza dei tormentati sviluppi che portarono la Chiesa al discernimento e all’approvazione, sulla scia di una meravigliosa storia tessuta dal Signore stesso per i nostri tempi e assimilata rapidamente soprattutto dai piccoli e dai poveri.
Anzi la decisione ecclesiastica veniva recepita in maniera molto negativa da teologi, liturgisti e pastori che, aggiornati nei percorsi post-conciliari, credevano di trovarsi di fronte ad un riflusso devozionistico assai preoccupante.

Così succedeva che, mentre in tante parti del mondo la notizia veniva accolta con gioia, anche perché ormai scontata in quanto vissuta entro una sensibilità di pastori in sintonia con quel grande luogo teologico che è il popolo di Dio, da noi invece, soprattutto in Italia, si alzavano voci non solo di disappunto o diffidenza ma anche di ostilità.

Per questo, all’inizio del 2001, e proprio in vista della prima possibile celebrazione ufficiale della Domenica della Divina Misericordia (22 aprile), mi premurai di dare alle stampe una silloge di testi e riflessioni che potevano dare un primo e documentato fondamento alla comprensione, all’annuncio e alla celebrazione. Potevo basarmi su più di vent’anni di conoscenza, di esperienza e di provvidenziale fruttificazione in questo campo.

Ad opera dell’associazione ecclesiale Alleanza Dives in Misericordia (A.D.I.M) di Trento usciva il volume col titolo: «L’Ottavo giorno di Pasqua e la Divina Misericordia nel cuore del mistero pasquale».

Sorprendentemente il migliaio di copie andò in esaurimento nel giro di due mesi.
E dalla Segreteria del Santo Padre veniva questo riconoscimento: «Sua Santità ringrazia di cuore per il devoto omaggio, e mentre auspica che l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio possa diffondersi sempre più nel mondo, aprendo i cuori alla sua azione risanatrice e vivificatrice, invoca la celeste protezione di santa Faustina Kowalska e volentieri imparte a Lei e alle persone care la Benedizione Apostolica, pegno dell’abbondanza della luce e della gioia del Signore Risorto» (5 maggio 2001).

Evidentemente avevamo raccolto tanta gente per l’invito che il Santo Padre ci aveva fatto, di celebrare ancora con lui la Domenica della Divina Misericordia in Piazza S. Pietro (Ottava di Pasqua, 22 aprile 2001). Di nuovo un appassionato appello a far avanzare messaggio e culto non solo nella Chiesa ma nella storia umana.

Quest’anno, 2002 dell’era cristiana, ho pensato di offrire un altro piccolo strumento d’informazione e di formazione, riprendendo alcuni temi e aggiungendo i necessari
aggiornamenti.

È per facilitare il cammino e la collaborazione di molti attenti pastori e fedeli e per aprire porte a chi non ha avuto l’occasione di conoscere, mentre mi accorgo che anche in alcuni calendari liturgici diocesani incomincia ad apparire la Domenica della Divina Misericordia al posto esatto dell’antica e sempre amata domenica in Albis.

Ma ci tengo a riprendere alcuni commenti scaturiti a cuore caldo dopo le grandi
celebrazioni del Papa:

Il progetto che Papa Wojtyla cominciava ad annunciare fin dall’inizio del pontificato,
facendo intuire quasi il nucleo e il senso divino della sua elezione e della sua primaria missione, sta per svelarsi nelle dimensioni più profonde e misteriose, proprio mentre nella carne condivide col Misericordioso la vittoriosa Passione.

Non può elevare il cantico del vecchio Simeone finché l’Ora della Misericordia non è
saldamente radicata nel culto e nella prassi.

E si allontanò subito il pregiudizio che si tratta di un fatto tipicamente polacco, perché oggi con evidenza plateale è più assimilato agli estremi confini specialmente tra le popolazioni povere, che sono in genere il terreno preferito dal Dio che si rivela.

È vero, la prima Santa del Giubileo, anzi «la Santa del Giubileo» è una umilissima suora polacca, suor Faustina Kowalska (1905-1938), ma essa non si è presentata da sola per ben due volte nel giro di pochissimo tempo (beatificazione e canonizzazione) sulla grande facciata della basilica vaticana: la sua vita e il suo messaggio rivolto all’umanità intera prende significato da quel Gesù Misericordioso che sempre giganteggia al suo fianco.

Si capirà d’ora in poi sempre più come l’incrociarsi delle presenze storiche della Kowalska e di Wojtyla, come connubio di profezia e discernimento gerarchico, porti tutte le caratteristiche di autenticità e fruttuosità in riferimento ad un intervento del Padre Misericordioso in questi tempi di devianza sempre più drammatica dei figli.

È un’Ora di Misericordia che non può restare soltanto negli sforzi di un filantropismo umanistico e orizzontalistico, ma deve corrispondere anche ad un’ora di grande effusione dello Spirito,come dice il Papa, una grande primavera dello Spirito.

Culmine e fonte perciò per varcare le soglie della speranza.

IL PRIMO SIGNIFICATO DELLA DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Potremo meditare a lungo sul senso, sui testi e sulla collocazione liturgica di questa che non è una nuova festa istituita ma semplicemente una «denominazione» di quella domenica che è la prima a continuare il percorso delle «pasque settimanali». Guai a cambiare la liturgia della parola perché sono proprio le letture che manifestano i contenuti già esistenti e misteriosamente offerti da Gesù stesso nella rivelazione privata e confermati dal processo di riforma del Vaticano Secondo. Testi nuovi per la liturgia di una festa nuova non potrebbero senz’altro essere più forti; ci si accorge che c’è un incrocio misterioso guidato dallo Spirito Santo, che offre anche, a partire dai testi intoccabili della Seconda di Pasqua, elementi ricchissimi sul piano della riflessione e dell’annuncio del più centrale dei misteri di un Dio che viene incontro al mondo sempre miserabile: quello appunto della sua Misericordia.
È il segreto interpretativo appunto del Mistero pasquale come attuazione costante della Misericordia Trinitaria.

Ma vogliamo assimilare prima di tutto le proposte omiletiche del massimo interprete che è lo stesso Karol Wojtyla.
Merita leggere il testo integrale delle sue omelie nelle celebrazioni della Seconda Domenica di Pasqua:

Omelia di Giovanni Paolo II il 23 aprile 1995:

Era la seconda domenica di Pasqua, quelle che per il Papa era già «in pectore» la domenica della Divina Misericordia. Si recò a celebrarla nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, dove da poco per sua volontà era sorto il centro internazionale per la promozione del culto della Divina Misericordia.

Così commentò la liturgia della parola:

1. «Pace a voi!» (Gv 20,19).

Gesù risorto pronunziò per due volte queste parole apparendo agli Undici nel cenacolo, la sera del giorno stesso in cui risuscitò dai morti. Il Signore, come attesta l’evangelista Giovanni, mostrò loro le mani e il costato, per confermare davanti ad essi l’identità del suo

corpo, quasi a dire: Questo è lo stesso corpo che due giorni fa venne inchiodato alla croce e poi deposto nel sepolcro; il corpo che porta le ferite della crocifissione e del colpo di lancia;
esso costituisce la prova diretta che io sono risorto e vivo.
Quella fu, dal punto di vista umano, una costatazione difficile da accettare, come dimostra la reazione di Tommaso. La sera della prima apparizione nel cenacolo, Tommaso era assente. E quando gli altri Apostoli gli raccontarono di aver visto il Signore, egli con
fermezza si rifiutò di credere: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò» (Gv 20,25).

Da queste parole si può capire quanto sia stata importante per la verità della resurrezione l’identità fisica del corpo di Cristo.

Quando il Signore Gesù, l’ottavo giorno – come oggi – venne nuovamente nel cenacolo, si rivolse direttamente a Tommaso, quasi ad esaudire la sua richiesta: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!» (Gv 20,27). Di fronte a tale prova l’Apostolo non solo credette, ma trasse l’estrema conclusione di quanto aveva visto e sperimentato, e la manifestò con un’altissima quanto concisa professione di fede: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).

Alla presenza del Risorto divenne evidente per Tommaso sia la verità della sua umanità

sia quella della sua divinità. Colui che è risuscitato con la propria potenza è il Signore: «Non conosce la morte il Signore della vita » (da un Canto pasquale polacco).

La confessione di Tommaso chiude il ciclo delle testimonianze sulla resurrezione di
Cristo, che la Chiesa ripropone durante l’Ottava di Pasqua. «Mio Signore e mio Dio!».
Replicando a tali parole, Gesù in un certo senso schiude la realtà della sua resurrezione al
futuro dell’intera storia umana. Dice infatti a Tommaso: «Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv 20,29). Pensa a coloro che non Lo vedranno risorto alla maniera degli Apostoli, né mangeranno e berranno con Lui (cfr At 10,41), eppure crederanno sulla base delle affermazioni dei testimoni oculari. Sono costoro, in modo particolare, ad essere chiamati da Cristo «beati».
2. «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente» (Ap 1,17).
Esiste una certa analogia tra l’apparizione nel cenacolo – specialmente quella dell’ottavo giorno, in presenza di Tommaso – e la visione escatologica di cui parla San Giovanni nella seconda lettura tratta dall’Apocalisse. Nel cenacolo Cristo mostra agli Apostoli, e specialmente a Tommaso, le ferite delle mani, dei piedi e del costato, per confermare l’identità del suo corpo risorto e glorioso con quello crocifisso e deposto nella tomba. Nell’Apocalisse il Signore si presenta come il Primo e l’Ultimo, come Colui da cui inizia e con cui termina la storia del cosmo, Colui che è «generato prima di ogni creatura» (Col 1,15), «il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1,18), principio e fine della storia dell’uomo.
Questa sua identità, che pervade perennemente la storia degli uomini, viene formulata con le parole «Io ero morto, ma ora vivo per sempre» (Ap 1,18). Ed è come se dicesse: Ero morto nel tempo; ho accettato la morte per rimanere fedele fino alla fine all’incarnazione, per la quale, restando Figlio di Dio consostanziale al Padre, sono diventato vero uomo in tutto, fuorché nel peccato
(cfr Eb 4,15). I tre giorni della passione e morte, necessari all’opera della redenzione, rimangono in me e in voi. Ed ora io vivo in eterno e manifesto con la mia risurrezione la volontà di Dio che chiama ogni uomo a partecipare alla mia stessa vita immortale. Ho le chiavi della morte con le quali devo aprire i sepolcri terreni e mutare i cimiteri, da luoghi in cui regna la morte, a vasti spazi per la resurrezione.
3. «Non temere!». Quando, nell’isola di Patmos, Gesù rivolge a Giovanni questa esortazione, rivela la sua vittoria sui molti timori che accompagnano l’uomo nella sua esistenza terrena, prima di tutto di fronte alla sofferenza e alla morte. Il timore per la morte concerne anche la grande incognita che essa rappresenta: si tratta forse di un totale annientamento dell’essere umano? Le severe parole: «Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai» (cfr Gn 3,19) non esprimono pienamente la dura realtà della morte? L’uomo, dunque, ha seri motivi per provare timore di fronte al mistero della morte.
La civiltà contemporanea fa di tutto per distogliere la coscienza umana dall’ineluttabile realtà del morire, tentando di indurre l’uomo a vivere come se la morte non esistesse. E ciò s’esprime praticamente nel tentativo di distogliere la coscienza dell’uomo da Dio: farlo vivere come se Dio non esistesse! La realtà della morte però è evidente. Non è possibile farla tacere; non è possibile dissipare la paura che ad essa è legata.
L’uomo teme la morte così come teme ciò che viene dopo la morte. Teme il giudizio e la punizione, e questo timore ha un valore salvifico: esso non va cancellato nell’uomo.
Quando Cristo dice: «Non temere!», vuoi dare risposta a ciò che costituisce la fonte più profonda delle paure esistenziali dell’essere umano. Egli intende dire: Non temere il male, poiché nella mia risurrezione il bene si è dimostrato più potente del male. Il mio Vangelo è verità vittoriosa. La morte e la vita si sono affrontate sul Calvario in un mirabile duello e la vita ne è uscita vittoriosa: «Dux vitae mortuus regnat vivus!», «Io ero morto, ma ora vivo per sempre» (Ap 1,18).
4. «La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo» (Sal 117 (118), 22). Il versetto del Salmo responsoriale dell’odierna liturgia ci aiuta a comprendere la verità sulla risurrezione di Cristo. Esprime anche la verità sulla Divina Misericordia rive-latasi nella resurrezione: l’amore ha riportato la vittoria sul peccato, e la vita sulla morte. Questa verità costituisce in un certo senso l’essenza stessa della Buona Novella. Cristo pertanto può dire: «Non temere!». E ripete tali parole ad ogni uomo, specialmente a chi è sofferente nel fisico o nello spirito. Può ripeterle con tutta fondatezza.
Intuì questo in modo particolare suor Faustina Kowalska, che ho avuto la gioia di beatificare due anni fa. Le sue esperienze mistiche si sono focalizzate tutte intorno al mistero di Cristo Misericordioso e costituiscono quasi un singolare commento alla parola di Dio presentataci dall’odierna liturgia domenicale. Suor Faustina non soltanto le ha annotate, ma ha cercato un artista capace di dipingere l’immagine di Cristo Misericordioso, così come ella lo vedeva. Immagine che insieme alla figura della Beata Faustina rappresenta una testimonianza eloquente di ciò che i teologi chiamano «conde-scendentia divina».
Dio si rende comprensibile ai suoi interlocutori umani. La Sacra Scrittura, e specialmente il Vangelo, ne sono la conferma.
Carissimi Fratelli e Sorelle! Su tale linea si colloca il messaggio di Suor Faustina. Ma era soltanto di Suor Faustina o, piuttosto, non si trattava allo stesso tempo di una testimonianza resa da parte di tutti coloro ai quali tale messaggio ha infuso coraggio nelle dure esperienze della seconda guerra mondiale, nei campi di concentramento, nello sterminio e nei bombardamenti? L’esperienza mistica della Beata Kowalska ed il richiamo a
Cristo Misericordioso si inscrivono nel duro contesto della storia del nostro secolo. Noi, come uomini di questo secolo, che volge ormai al termine, desideriamo ringraziare il Signore per il messaggio della Divina Misericordia.
5. Oggi, in particolare, sono lieto di poter rendere grazie a Dio in questa Chiesa di Santo Spirito in Sassia, annessa all’omonimo ospedale e divenuta Centro specializzato per la
pastorale degli infermi come pure per la promozione della spiritualità della Divina Misericordia. È molto significativo ed opportuno che proprio qui, accanto all’antichissimo ospedale, si preghi e si operi con costante sollecitudine per la salute del corpo e dello spirito.

Mentre per questo esprimo rinnovato compiacimento al Cardinale Vicario, il mio grato pensiero va anche al Cardinale titolare Fiorenzo Angelini. Saluto il Vescovo del Settore Ovest, il Rettore e gli altri Sacerdoti, le Religiose e tutti voi, cari fedeli qui presenti. Vorrei, inoltre, inviare un fraterno pensiero ai degenti dell’Ospedale Santo Spirito, insieme pure ai medici, agli infermieri, alle Suore, ed a quanti quotidianamente li assistono. A tutti vorrei dire: Abbiate fiducia nel Signore! Siate apostoli della Divina Misericordia e, secondo l’invito e l’esempio della Beata Faustina, prendete cura di chi soffre nel corpo e specialmente nello spirito. Ad ognuno fate sperimentare l’amore misericordioso del Signore che consola e infonde gioia.
Sia Gesù la vostra pace!

«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre» (Eb 13,8). Contemplandolo nel mistero della croce e della resurrezione, ripetiamo insieme alla liturgia dell’odierna domenica:
«Celebrate il Signore, perché è buono!».
Celebrate il Signore, perché è misericordioso!

Omelia di Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro il 30 aprile 2000, seconda di Pasqua definita «Domenica della Divina Misericordia»

1. «Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia» (Sal 118, 1). Così canta la Chiesa nell’Ottava di Pasqua, quasi raccogliendo, dalle labbra di Cristo queste parole del Salmo; dalle labbra di Cristo risorto, che nel Cenacolo porta il

grande annuncio della misericordia divina e ne affida agli apostoli il ministero: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi… Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 21-23).

Prima di pronunciare queste parole, Gesù mostra le mani e il costato. Addita cioè le

ferite della Passione, soprattutto la ferita del cuore, sorgente da cui scaturisce la grande

onda di misericordia che si riversa sull’umanità. Da quel cuore suor Faustina Kowalska,

la beata che d’ora in poi chiameremo Santa, vedrà partire due fasci di luce che illuminano il

mondo: «I due raggi – le spiegò un giorno Gesù stesso – rappresentano il sangue e l’acqua»

(Diario, Libreria Editrice Vaticana, p. 132).

2. Sangue ed acqua! Il pensiero corre alla testimonianza dell’evangelista Giovanni che,

quando un soldato sul Calvario colpì con la lancia il costato di Cristo, vide uscirne «sangue

ed acqua» (cfr. Gv 19, 34). E se il sangue evoca il sacrificio della croce e il dono

eucaristico, l’acqua, nella simbologia giovannea, ricorda non solo il battesimo, ma anche il

dono dello Spirito Santo (cfr. Gv 3, 5; 4, 14; 7, 37-39).

Attraverso il cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli uomini:

«Figlia mia, dì che sono l’Amore e la Misericordia in persona», chiederà Gesù a Suor

Faustina (Diario, 374). Questa misericordia Cristo effonde sull’umanità mediante

l’invio dello Spirito che, nella Trinità, è la Persona – Amore. E non è forse la misericordia

un «secondo nome» dell’amore (cfr. Dives in misericordia, 7), colto nel suo aspetto più

profondo e tenero, nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua

immensa capacità di perdono?

È davvero grande oggi la mia gioia, nel proporre a tutta la Chiesa, quasi dono di Dio per

il nostro tempo, la vita e la testimonianza di Suor Faustina Kowalska. Dalla divina

Provvidenza la vita di questa umile figlia della Polonia è stata completamente legata alla

storia del ventesimo secolo, il secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle. È, infatti, tra la

prima e la seconda guerra mondiale che Cristo le ha affidato il suo messaggio di

misericordia. Coloro che ricordano, che furono testimoni e partecipi degli eventi di quegli

anni e delle orribili sofferenze che ne derivarono per milioni di uomini, sanno bene quanto il

messaggio della misericordia fosse necessario.

Disse Gesù a Suor Faustina: «L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà

con fiducia alla divina misericordia» (Diario, p. 132). Attraverso l’opera della religiosa

polacca, questo messaggio si è legato per sempre al secolo ventesimo, ultimo del secondo

millennio e ponte verso il terzo millennio. Non è un messaggio nuovo, ma si può

ritenere un dono di speciale illuminazione, che ci aiuta a rivivere più intensamente il

Vangelo della Pasqua, per offrirlo come un raggio di luce agli uomini ed alle donne del

nostro tempo.

3. Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avvenire

dell’uomo sulla terra? A noi non è dato di saperlo. È certo tuttavia che accanto a nuovi

progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina

misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di

suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio.

Come gli Apostoli un tempo, è necessario però che anche l’umanità di oggi accolga nel

cenacolo della storia Cristo risorto, che mostra le ferite della sua crocifissione e ripete: Pace

a voi! Occorre che l’umanità si lasci raggiungere e pervadere dallo Spirito che Cristo risorto

le dona. È lo Spirito che risana le ferite del cuore, abbatte le barriere che ci distaccano da

Dio e ci dividono tra di noi, restituisce insieme la gioia dell’amore del Padre e quella

dell’unità fraterna.

4. È importante allora che raccogliamo per intero il messaggio che ci viene dalla

parola di Dio in questa seconda Domenica di Pasqua, che d’ora innanzi in tutta la

Chiesa prenderà il nome di «Domenica della Divina Misericordia». Nelle diverse letture

la liturgia sembra disegnare il cammino della misericordia che, mentre ricostruisce il

rapporto di ciascuno con Dio, suscita anche tra gli uomini nuovi rapporti di fraterna

solidarietà. Cristo ci ha insegnato che «l’uomo non soltanto riceve e sperimenta la

misericordia di Dio, ma è pure chiamato a «usar misericordia» verso gli altri: beati i

misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7) (Dives in misericordia, 14). Egli

ci ha poi indicato le molteplici vie della misericordia, che non perdona soltanto i peccati, ma

viene anche incontro a tutte le necessità degli uomini. Gesù si è chinato su ogni miseria

umana, materiale e spirituale.

Il suo messaggio di misericordia continua a raggiungerci attraverso il gesto delle sue

mani tese verso l’uomo che soffre. È così che lo ha visto e lo ha annunciato agli uomini di

tutti i continenti suor Faustina, che nascosta nel suo convento di Lagiewniki, in Cracovia, ha

fatto della sua esistenza un canto alla misericordia: Misericordias Domini in aeternum

cantabo.

5. La canonizzazione di Suor Faustina ha un’eloquenza particolare: mediante

questo atto intendo oggi trasmettere questo messaggio al nuovo millennio. Lo trasmetto

a tutti gli uomini perché imparino a conoscere sempre meglio il vero volto di Dio e il vero

volto dei fratelli. Amore di Dio e amore dei fratelli sono infatti indissociabili, come ci ha

ricordato la prima Lettera di Giovanni: «Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se

amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti» (5, 2). L’Apostolo qui ci richiama alla verità

dell’amore, additandocene nell’osservanza dei comandamenti la misura ed il criterio.

Non è facile, infatti, amare di un amore profondo, fatto di autentico dono di sé. Questo

amore si apprende solo alla scuola di Dio, al calore della sua carità. Fissando lo sguardo su

di Lui, sintonizzandoci col suo cuore di Padre, diventiamo capaci di guardare ai fratelli

con occhi nuovi, in atteggiamento di gratuità e di condivisione, di generosità e di perdono.

Tutto questo è misericordia.

Nella misura in cui l’umanità saprà apprendere il segreto di questo sguardo

misericordioso, si rivela prospettiva realizzabile il quadro ideale proposto nella prima

lettura: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e

un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era

fra loro comune» (At 4, 32). Qui la misericordia del cuore è divenuta anche stile di

rapporti, progetto di comunità, condivisione di beni. Qui sono fiorite le «opere della

misericordia», spirituali e corporali. Qui la misericordia è divenuta concreto farsi

«prossimo» verso i fratelli più indigenti.

6. Suor Faustina ha lasciato scritto nel suo Diario:

«Provo un dolore tremendo quando osservo le sofferenze del prossimo. Tutti i dolori del

prossimo si ripercuotono nel mio cuore; porto nel mio cuore le loro angosce, in modo tale

che mi annientano anche fisicamente. Desidererei che tutti i dolori ricadessero su di me, per

portare sollievo al prossimo» (Diario, p. 365). Ecco a quale punto di condivisione conduce

l’amore quando è misurato sull’amore di Dio!

È a questo amore che l’umanità di oggi deve ispirarsi per affrontare la crisi di senso, le

sfide dei più diversi bisogni, soprattutto l’esigenza di salvaguardare la dignità di ciascuna

persona umana. Il messaggio della divina misericordia è così, implicitamente, anche un

messaggio sul valore di ogni uomo. Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio, per ciascuno

Cristo ha dato la sua vita, a tutti il Padre fa dono del suo Spirito e offre l’accesso alla sua

intimità.

7. Questo messaggio consolante si rivolge soprattutto a chi, afflitto da una prova

particolarmente dura o schiacciato dal peso dei peccati commessi, ha smarrito ogni fiducia

nella vita ed è tentato di cedere alla disperazione. A lui si presenta il volto dolce di Cristo,

su di lui arrivano quei raggi che partono dal suo cuore e illuminano, riscaldano, indicano

il cammino e infondono speranza. Quante anime ha già consolato l’invocazione «Gesù,

confido in Te!» che la Provvidenza ha suggerito attraverso Suor Faustina! Questo semplice

atto di abbandono a Gesù squarcia le nubi più dense e fa passare un raggio di luce nella vita

di ciascuno.

8. Misericordias Domini in aeternum cantabo (Sal 88[89], 2). Alla voce di Maria

Santissima, la «Madre della misericordia», alla voce di questa nuova Santa, che nella

Gerusalemme celeste canta la misericordia insieme con tutti gli amici di Dio, uniamo anche

noi, Chiesa pellegrinante, la nostra voce.

E tu, Faustina, dono di Dio al nostro tempo, dono di Polonia a tutta la Chiesa,

ottienici di percepire la profondità della divina misericordia, aiutaci a farne esperienza viva

e a testimoniarla ai fratelli. Il tuo messaggio di luce e di speranza si diffonda in tutto il

mondo, spinga alla conversione i peccatori, sopisca le rivalità e gli odi, apra gli uomini e le

nazioni alla pratica della fraternità. Noi oggi, fissando lo sguardo con Te sul volto di Cristo

risorto, facciamo nostra la tua preghiera di fiducioso abbandono e diciamo con ferma

speranza:

Gesù, confido in Te!

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 22 aprile 2001 – Piazza S. Pietro

Celebrazione Eucaristica nella Domenica della Divina Misericordia

1. «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per

sempre» (Ap 1,17-18).

Abbiamo ascoltato nella seconda lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse, queste

consolanti parole Esse ci invitano a volgere lo sguardo verso Cristo, per sperimentarne la

rassicurante presenza. A ciascuno, in qualsiasi condizione si trovi, fosse pure la più

complessa e drammatica, il Risorto ripete: «Non temere!»; sono morto sulla croce, ma ora

«vivo per sempre»; «Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente».

«Il Primo», la sorgente, cioè, di ogni essere e la primizia della nuova creazione;

«l’Ultimo», il termine definitivo della storia; «il Vivente», la fonte inesauribile della Vita

che ha sconfitto la morte per sempre. Nel Messia crocifisso e risuscitato riconosciamo i

lineamenti dell’Agnello immolato sul Golgota, che implora il perdono per i suoi carnefici e

dischiude per i peccatori pentiti le porte del cielo; intravediamo il volto del Re immortale

che ha ormai «potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,18).

2. «Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia» (Sai 117,1)

Facciamo nostra l’esclamazione del Salmista, che abbiamo cantato nel Salmo

responsoriale: eterna è la misericordia del Signore! Per comprendere sino in fondo la verità

di queste parole, lasciamoci condurre dalla liturgia nel cuore dell’evento di salvezza, che

unisce la morte e la risurrezione di Cristo alla nostra esistenza e alla storia del mondo.

Questo prodigio di misericordia ha radicalmente mutato le sorti dell’umanità. È un prodigio

in cui si dispiega in pienezza l’amore del Padre che, per la nostra redenzione, non

indietreggia neppure davanti al sacrificio del suo Figlio unigenito.

Nel Cristo umiliato e sofferente credenti e non credenti possono ammirare una

solidarietà sorprendente, che lo unisce alla nostra umana condizione oltre ogni

immaginabile misura. La Croce, anche dopo la risurrezione del Figlio di Dio, «parla e non

cessa mai di parlare di Dio-Padre, che è assolutamente fedele al suo eterno amore verso

l’uomo… Credere in tale amore significa credere nella misericordia» (Dives in

misericordia, 7).

Vogliamo rendere grazie al Signore per il suo amore, che è più forte della morte e del

peccato. Esso si rivela e si attua come misericordia nella nostra quotidiana esistenza e

sollecita ogni uomo ad avere a sua volta «misericordia» verso il Crocifisso. Non e forse

proprio amare Dio e amare il prossimo e persino i «nemici», seguendo l’esempio di Gesù, il

programma di vita d’ogni battezzato e della Chiesa tutta intera?

3. Con questi sentimenti, celebriamo la seconda Domenica di Pasqua, che dallo scorso

anno, anno del Grande Giubileo, è chiamata anche «Domenica della Divina Misericordia».

Per me è una grande gioia potermi unire a tutti voi, cari pellegrini e devoti venuti da varie

nazioni per commemorare, ad un anno di distanza, la canonizzazione di suor Faustina

Kowalska, testimone e messaggera dell’amore misericordioso del Signore. L’elevazione

agli onori degli altari di questa umile Religiosa, figlia della mia Terra, non rappresenta un

dono solo per la Polonia, ma per tutta l’umanità. Il messaggio, infatti, di cui ella e stata

portatrice costituisce la risposta adeguata e incisiva che Dio ha voluto offrire alle domande e

alle attese degli uomini di questo nostro tempo, segnato da immani tragedie. A Suor

Faustina Gesù ebbe a dire un giorno: «L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà

con fiducia alla divina misericordia» (Diario, p. 132). La divina Misericordia! Ecco il dono

pasquale che la Chiesa riceve dal Cristo risorto e che offre all’umanità, all’alba del terzo

millennio.

4. Il Vangelo, che poc’anzi è stato proclamato, ci aiuta a cogliere appieno il senso e il

valore di questo dono. L’evangelista Giovanni ci fa come condividere l’emozione provata

dagli Apostoli nell’incontro con Cristo dopo la sua risurrezione. La nostra attenzione si

sofferma sul gesto del Maestro, che trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di

essere ministri della divina Misericordia. Egli mostra le mani e il costato con impressi i

segni della passione e comunica loro: «Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi»

(Gv 20,21). Subito dopo «alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete

i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23).

Gesù affida ad essi il dono di «rimettere i peccati», dono che scaturisce dalle ferite delle sue

mani, dei suoi piedi e soprattutto del suo costato trafitto. Di là un’onda di misericordia si

riversa sull’intera umanità.

Riviviamo questo momento con grande intensità spirituale. Anche a noi quest’oggi il

Signore mostra le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di

amore e di perdono.

5. Il Cuore di Cristo! Il suo «Sacro Cuore» agli uomini ha dato tutto: la redenzione, la

salvezza, la santificazione. Da questo Cuore sovrabbondante di tenerezza santa Faustina

Kowalska vide sprigionarsi due fasci di luce che illuminavano il mondo. «I due raggi –

secondo quanto lo stesso Gesù ebbe a confidarle – rappresentano il sangue e l’acqua»

(Diario, p. 132). Il sangue richiama il sacrificio del Golgota e il mistero dell’Eucaristia;

l’acqua, secondo la ricca simbologia dell’evangelista Giovanni, fa pensare al battesimo e al

dono dello Spirito Santo (cfr Gv 3,5; 4,14).

Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi anche sugli uomini e

sulle donne della nostra epoca il flusso ristoratore dell’amore misericordioso di Dio. Chi

anela alla felicità autentica e duratura, solo qui ne può trovare il segreto.

6. «Gesù, confido in Te». Questa preghiera, cara a tanti devoti, ben esprime

l’atteggiamento con cui vogliamo abbandonarci fiduciosi pure noi nelle tue mani, o Signore,

nostro unico Salvatore.

Tu bruci dal desiderio di essere amato, e chi si sintonizza con i sentimenti del tuo cuore

apprende ad essere costruttore della nuova civiltà dell’amore. Un semplice atto d’abbandono

basta ad infrangere le barriere del buio e della tristezza, del dubbio e della disperazione. I

raggi della tua divina misericordia ridanno speranza, in modo speciale, a chi si sente

schiacciato dal peso del peccato.

Maria, Madre di Misericordia, fa’ che manteniamo sempre viva questa fiducia nel tuo

Figlio, nostro Redentore. Aiutaci anche tu, santa Faustina, che oggi ricordiamo con

particolare affetto. Insieme a te vogliamo ripetere, fissando il nostro debole sguardo sul

volto del divin Salvatore «Gesù, confido in Te». Oggi e sempre. Amen

ALCUNI ORIENTAMENTI

PER LA CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA

DELLA DIVINA MISERICORDIA

Si cominci davvero qui e in altre occasioni a meditare e a predicare sulla

Misericordia di Dio. Si parta dai testi liturgici del giorno, si approfondisca il tema su base

biblica, patristica, liturgica. Non a caso quando si inseriva la Messa votiva della

Misericordia nel messale romano si lamentava questa scarsa attenzione persino nel grande

campo eucologico. E non ha caso monsignor Rino Fisichella nel corso di esercizi per

sacerdoti apostoli della Divina Misericordia, a Collevalenza nell’anno giubilare, lamentava

ancora l’assenza di una vera teologia della Misericordia.

Si analizzino attentamente i testi già fissati dalla liturgia come ci ha

magistralmente insegnato Giovanni Paolo II il 30 aprile del 2000: abbiamo dato il testo

integrale, ma merita evidenziare i punti chiave: annuncio di misericordia nel cenacolo,

segno supremo la ferita del cuore da cui scaturisce la grande onda della misericordia,

l’importanza estrema dei grandi segni del sangue e dell’acqua entro la testimonianza

giovannea che chiude con questi sigilli tutta la Rivelazione. Attraverso il cuore di Cristo la

misericordia divina raggiunge gli uomini. Cogliere per intero il messaggio della domenica e

qui i riferimenti al Diario di suor Faustina sono di grande aiuto.

Nelle diverse letture la liturgia sembra disegnare il cammino della misericordia per dire

che l’uomo non soltanto riceve e sperimenta la misericordia di Dio ma è pure chiamato ad

usare misericordia verso gli altri. Sintonizzandoci col cuore del Padre diventiamo capaci di

guardare ai fratelli con cuore nuovo. Tutto questo è misericordia.

Ecco il quadro ideale proposto dalla prima lettura: la comunità come un cuor solo e

un’anima sola. La misericordia del cuore diventa stile di rapporti, progetto di comunità,

condivisione di beni. Qui fioriscono le opere della misericordia spirituali e corporali. Il

messaggio della misericordia è un messaggio sul valore dell’uomo. Soprattutto sull’afflitto

arrivano quei raggi che partono dal suo cuore (Vedi icona).

Il Santo Padre in quel giorno si trovava a celebrare nell’anno B con i testi più espressivi:

dagli Atti degli Apostoli per il cuore nuovo e misericordioso della prima Chiesa; dalla prima

lettera di Giovanni per la vittoria sul mondo realizzata nei grandi segni del sangue e

dell’acqua sgorgati dal costato ferito di Gesù. Il Vangelo per tre anni resta sempre lo stesso

ed è assai significativo non solo perché nell’antica tradizione è la festa di S. Tommaso ma

per il raccordo tra Pasqua e Ottava e per tutti i significati che abbiamo modo di derivare.

L’icona di Gesù Misericordioso qui aiuta molto.

Se si vuole approfondire la tematica globale basta rileggere tutti i testi specifici della

liturgia nei tre anni. È una miniera.

La colletta dell’anno A si alza al Dio di eterna misericordia che proprio nella ricorrenza

pasquale fa sperimentare la potenza del sangue del Figlio e dell’acqua dello Spirito,

sacramentalmente donati dal Battesimo.

La colletta dell’anno B ricorda che questa salvezza potrà essere sperimentata in ogni

Pasqua domenicale. (E qui dovremo dire come nell’Ottavo giorno questa sequenza

settimanale viene inaugurata per pura e continua attuazione della misericordia di Dio).

La colletta dell’anno C specifica i dati di questa perenne ora di misericordia e di

salvezza: la sconfitta della morte, il dono forte dello Spirito, i vincoli del male spezzati, la

possibilità di un servizio libero di obbedienza e di amore. Ancora una riconoscenza per il

dono del giorno del Signore in cui il popolo radunato può celebrare queste divine meraviglie

del Primo e dell’Ultimo, il Vivente. La proiezione escatologica qui ha grande valore.

Nell’anno A la lettura degli Atti definisce la prima comunità nel suo impegno assiduo e

comunitario attorno ai cardini della Parola e del Pane per una Koinonia di misericordia

sorgente di segni e prodigi.

La lettura dalla prima di Pietro è un’esplicita benedizione a Dio e Padre del Signore

Gesù Cristo che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati mediante la risurrezione del

Figlio, per una speranza viva e una eredità che non si corrompe.

Nell’anno C gli Atti degli Apostoli continuano a presentare la forza d’unità e di amore,

di liberazione e di guarigione, segni evidenti dell’ora di misericordia annunciata da Gesù a

Nàzaret ancora all’inizio del suo ministero. La vera inaugurazione per tutti i tempi del

giubileo della misericordia.

Il libro dell’Apocalisse presenta in mezzo ai candelabri il figlio dell’uomo con l’abito

lungo e la fascia sacerdotale d’oro, quello che è il sommo ed eterno sacerdote di ogni

liturgia (quella terrestre sempre collegata alla celeste). Nello stesso capitolo Giovanni lo

contempla proiettato sulle nubi nel giudizio finale: «E ognuno lo vedrà, anche quelli che lo

trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto» (1, 7). Quanto ci aiuta

sempre l’icona di Gesù per la visualizzazione.

L’antifona alla comunione ci invita ad accostare la mano e a toccare le ferite del Signore

per non essere più increduli ma credenti.

Si inserisca sempre tutto il discorso entro il Mistero pasquale. Giovanni Paolo II lo

fa costantemente. Già nell’indizione del Giubileo della Redenzione (6-1-1983) aveva scritto

che «dal momento della sua elezione i suoi sentimenti e i suoi pensieri sono stati sempre più

diretti a Cristo Redentore, al suo Mistero pasquale, vertice della Rivelazione divina ed

attuazione suprema della Misericordia di Dio verso gli uomini di ogni tempo».

Nell’Enciclica Dives in Misericordia si legge: «Il Mistero pasquale è il vertice di questa

rivelazione ed attuazione della misericordia (n.7). La risurrezione è il segno che corona

l’intera rivelazione dell’amore misericordioso nel mondo soggetto al male (n.8).

Il cardinal Fiorenzo Angelini, celebrando la Festa in S. Pietro nel 1999 decisamente

diceva: «L’odierna liturgia della Domenica in Albis che chiude la solenne Ottava di Pasqua

ci propone letture bibliche quanto mai pertinenti alla festa della Divina Misericordia… La

collocazione nella prima domenica dopo Pasqua conferma lo stretto legame che esiste tra il

Mistero pasquale della Redenzione e questa Festa dedicata a far scoprire e comprendere

nell’aspetto della Misericordia tutto il mistero della Redenzione». Qui citava anche il Diario

di suor Faustina dove essa annotava: «Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata

con l’opera della Misericordia voluta e richiesta dal Signore».

Il decreto del 5 maggio 2000 della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei

Sacramenti, definendo la II° di Pasqua come Domenica della Divina Misericordia, invita ad

accogliere la misericordia di Dio nel suo Tempio e afferma: «Nella nostra epoca, i cristiani,

provenienti da numerosi paesi del mondo, desiderano innalzare questa misericordia nel culto

divino: specialmente nella celebrazione del Mistero pasquale, nel quale risplende soprattutto

la bontà di Dio verso tutti gli uomini».

Ed il grande studioso e profeta Edouard Glotin, ancora nel 1990 diceva e scriveva con

sicurezza che la festa voluta da Gesù attraverso suor Faustina finirà con l’estendersi a tutta

la Chiesa e di questo non potranno che rallegrarsi teologi e pastori. Poi testualmente:

«Presentando il Cuore misericordioso di Gesù come la sintesi del «mistero pasquale», le cui

celebrazioni si concluderanno con la venerazione della sua immagine, grazie a questa

ispirata iniziativa il mistero di questo Cuore – come dice Giovanni Paolo II – diviene in un

certo senso il punto centrale della rivelazione dell’amore misericordioso del Padre».

«Naturalmente in questo ottavo giorno della Pasqua cristiana, continuerà ad esser letto il

Vangelo che vede Cristo mostrare due volte agli undici la Piaga del costato, scena che rinvia

immediatamente alla pericope della trafittura del Messia (Gv 19, 31-37). Allora sarà chiaro

che il Cuore trafitto di Gesù è il grande segno storico dell’amore misericordioso della

Trinità per gli uomini peccatori, donato da Dio agli uomini nell’istante stesso – quello che i

teologi definiscono kairòs – dell’evento redentore. Sarà più facile sottrarre il Cuore di Gesù

alla sfera del devozionalismo per conferirgli nella catechesi cristiana lo stato di «polo

kerigmatico», cioè di ricapitolazione dell’economia trinitaria dell’incarnazione redentrice

sotto il segno dell’amore e del dono».

Così affermava Glotin ad Assisi durante il convegno nazionale dell’Apostolato della

Preghiera, in occasione del terzo centenario della morte di S. Margherita Maria Alacoque.

Illustrava anche in maniera esatta la posizione liturgica della solennità del S. Cuore

nell’alveo della «redamatio» e della «reparatio».

Si comprenda fino in fondo che in questa Ottava ci si sofferma a riflettere e quasi a

digerire l’esplosivo impatto dell’evento-mistero della risurrezione di Gesù. Come a

Natale dopo otto giorni ci si domanda: ma cosa è veramente successo nella storia umana con

l’incarnazione del Verbo? E allora si ritorna al grembo della Madre Maria per capire nella

sua prima sperimentatrice e cooperatrice l’impatto storico, esistenziale, di un fatto che ora

tocca tutti i credenti, così otto giorni dopo la «dormitio-resurrectio» del Verbo fatto carne,

che dal costato del nuovo Adamo ha fatto nascere la Chiesa ci domandiamo: ma come e da

quale sorgente è scaturita questa fantastica creazione nuova, sacramento di rigenerazione

misericordiosa di tutta l’umanità? Questa volta, otto giorni dopo, dobbiamo ritornare al

grembo del Padre o in toto al grembo trinitario.

Molti hanno desiderato lungo il percorso liturgico una festa per il Padre Misericordioso.

Orbene qui il discorso si fa più completo.

Filippo domandava a Gesù: «Mostraci il Padre». E Gesù, proprio alla vigilia del grande

sacrificio, rispondeva: «Chi vede me vede il Padre». È da quel momento che il Figlio di

Dio, come incarnazione della Misericordia del Padre, metteva in atto la finale

manifestazione. E quando si apre il cuore di Gesù, all’ora nona del venerdì santo, non

abbiamo più dubbi. Il cuore che si apre è quello del Padre e i due doni massimi sono: il

Figlio nel suo sangue versato fino all’ultima goccia e lo Spirito Santo come l’acqua viva.

Allora tutta la SS. Trinità è nel processo dell’ultima rivelazione e dell’estrema donazione.

La Domenica della Misericordia si sofferma a meditare, proclamare, godere questa sublime

realtà dopo la quale non resta che l’escaton. Quello che l’Apocalisse di Giovanni, chiudendo

tutta la Bibbia, ci fa vedere in un grande quadro celeste dove la regalità eterna di Dio si

manifesta nella gloria del Padre e dell’Agnello Immolato col fiume d’acqua viva che ne

sgorga a guarigione e salute completa per tutte le nazioni. Mentre lo Spirito e la sposa

(Chiesa) dicono: «Vieni». E chi ascolta ripeta: «Vieni. Chi ha sete venga, chi vuole attinga

gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22, 17).

La Chiesa sarà sempre la comunità dei credenti, cioè come dice S. Giovanni, di coloro

che hanno creduto all’amore misericordioso di Dio. Ricordiamo che «credo» deriva da

«crad-ha», radice pregnante che Ravasi traduce così: «Porre il cuore in qualcuno».

Come è nata la fede della Chiesa? Con l’esperienza di Giovanni alle tre del pomeriggio

del venerdì santo, con l’esperienza dei dieci la sera del primo giorno e finalmente con quella

di Tommaso l’ottavo giorno, sempre davanti al cuore trafitto di Gesù, come luogo di

conoscenza dell’amore trinitario.

Finalmente la Chiesa rispondeva all’amore col credo. Nasceva il popolo del Confido in

Te.

Il riferimento trinitario ci permette di considerare la collocazione liturgica della

Domenica della Divina Misericordia in un momento significativo, cioè quello di

raccordo tra la Pasqua e la Pentecoste o ancor meglio come anello di congiunzione tra la

Quaresima coi suoi itinerari catecumenali e penitenziali e il glorioso periodo mistagogico

post-pasquale. Dal mercoledì delle ceneri camminiamo con Cristo sofferente fino al bagno

di sangue del Santo Triduo; poi cominciamo a godere del grande frutto dello Spirito

meritato dal cruento sacrificio. Al centro sta la figura del Padre misericordioso che nella

duplice donazione del Figlio e dello Spirito è alla fonte e al centro dell’Opera.

Ora tutti noi sappiamo come oggi si faccia ancora qualcosa in Quaresima per arrivare

alla Pasqua, ma come poi tutto si sgonfi dopo l’Alleluja pasquale, nonostante le forti

proposte continuative del Concilio. Orbene, fermarsi là comporta una paralisi dell’opera

completa del Padre che dopo il dono del Figlio vuol donarci lo Spirito. Quale tristezza,

quando si pensa invece ai primi tempi della Chiesa e alla sua prassi illuminata che rendeva il

periodo verso la Pentecoste ancora più forte, come è nella traccia delle grandi catechesi dei

Padri gustate in parte anche oggi nella liturgia delle ore. Era come un grande corso di

esercizi spirituali in vista di una nuova effusione dello Spirito che corrispondeva in fondo al

progetto proposto da Cristo stesso dopo la Risurrezione. Cosa che rafforzò per sempre la

Chiesa con la grazia della Pentecoste.

La Domenica della Divina Misericordia ci fa continuare l’esperienza del cenacolo fino a

quel glorioso momento e l’icona di Gesù misericordioso ci permette il raccordo. Questa è la

domanda importante: perché godere del raggio rosso (dalle Ceneri al Triduo Santo) e non

arrivare a godere il raggio bianco dello Spirito Santo? (dalla Pasqua alla Pentecoste).

Nelle nostre comunità, ad esempio, dopo un severo itinerario quaresimale continuiamo

con un altrettanto impegnativo seminario di vita nello Spirito per arrivare alle preghiere di

effusione nel giorno di Pentecoste.

Abbiamo imparato senz’altro qualcosa da Gesù Misericordioso. E non si parli più di

devozionismi.

Continuiamo a proporre anche didatticamente l’esposizione dell’icona della Divina

Misericordia. È un suggerimento di Gesù. Abbiamo visto anche come nelle tre grandi

manifestazioni in piazza S. Pietro (beatificazione, festa del 1999, canonizzazione) la

gigantesca immagine sia stata esposta quasi di necessità sulla facciata della Basilica.

Troviamo infatti in questa immagine un supporto visivo a dare luce e significato non

solo alla Domenica in Albis ma a tutto il grande periodo Pasqua-pentecostale. E dal

momento che questo mistero penetra nel quotidiano come fondamento di continua salvezza

e di comunione con Dio, a garanzia di eternità, sarà bene collocare l’icona nell’ambiente

quotidiano per avere un costante riferimento di contemplazione e di affidamento.

Gesù che appariva a S. Faustina il 22 febbraio del 1931 era lo stesso del Cenacolo.

Quanto nel Cenacolo avvenne dall’ultima cena al giorno di Pentecoste fa parte della

fantastica e insostituibile esperienza di fondo di tutto il cristianesimo con una missione

assoluta di annunciarla e comunicarla a tutto il genere umano. È questione di eterna

salvezza.

Il Cristo Sommo Sacerdote Misericordioso, tra il giovedì e il venerdì santo, «attraverso

una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a

questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una

volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue

dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li

santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito

eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte,

per servire il Dio Vivente» (Eb 9, 11-14).

Come nel Kippur ebraico (la festa della grande espiazione) una volta all’anno il sommo

sacerdote entrava nel Santo dei Santi, oltre il velo, dopo una settimana santa di preghiere,

digiuno e purificazioni, e come ancora gli elementi rituali basilari erano il sangue e l’acqua,

ecco ora finalmente l’unico vero sommo sacerdote Gesù compie il definitivo e universale

sacrificio espiatorio nel proprio Sangue e nell’Acqua dello Spirito. Tutto per un ritorno

definitivo al Padre, il Dio vivente.

Alla morte di Gesù il velo del tempio si spezza come a significare che quella storia

antica è stata solo una grande prefigurazione o una grande immagine; ora comincia la storia

nuova una volta per sempre, con una meta ultima: il vero passaggio o Pasqua di tutti alla

Terra promessa.

E leggiamo ancora con commozione dalla lettera agli Ebrei: «Poiché dunque abbiamo

un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù Figlio di Dio, manteniamo

ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non

sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a

somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono

della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento

opportuno» (Eb 4, 14-16).

Questa «esortazione» agli Ebrei ci invita a fare non solo il grande passaggio dall’Antico

al Nuovo Testamento, ma a vivere quotidianamente il passaggio nel bagno salvifico della

misericordia, corrispondendo con assoluta fiducia (Confido in Te).

Tutto questo richiama l’icona ideata da Gesù stesso e, se domandiamo la luce del cuore,

ci accorgeremo che l’immagine non è una delle tante che possono magari funzionare da

strumento per nuovi devozionismi, ma diventa codice decifratore di tanti passi significativi

della Scrittura.

Non ci meravigliamo se il sangue e l’acqua, elementi essenziali anche per la vita

naturale, ora vengono elevati a significare la vita soprannaturale e sono rappresentati con

due raggi luminosi. È la luce nuova della Pasqua, è il nuovo roveto ardente, la Shekinah

gloriosa con una divina irradiazione: «Questo Figlio è irradiazione della gloria del Padre e

impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola» (Eb 1, 3).

La Parola è già stata registrata tutta dalla Scrittura, ma se lungo il percorso di questa

nostra storia tormentata il Verbo stesso sceglie una via profetica per ravvivarla, benedetto

sia il suo Santo Nome.

Intanto ci mettiamo davanti all’icona del Crocifisso – Risorto. È Lui solo ora nel

Cenacolo, perché dopo duemila anni i discepoli siamo noi, davanti a Lui, in attesa dei

benefici divini. Non è un fantasma, non è un idolo mentale, non è il prodotto di una

filosofia, di una ideologia e neanche di una religione, non è un concetto teologico o un

ridimensionamento interno di immagine scaturito dal cuore di chi l’aveva conosciuto prima.

È Lui in persona, il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, con i chiari segni di un amore

crocifisso che si chiama misericordia. Soprattutto punta decisamente su quel cuore che

merita uno sguardo di fede assoluta per entrare in quella sintonia di cuori dove finalmente è

possibile «la conoscenza» e il passaggio per osmosi e simbiosi del Sangue e dell’Acqua.

Dopo la più grande sciagura di tutti i tempi, ecco la più grande grazia. Dopo il più

grande rifiuto dell’uomo, ecco il più grande perdono, dopo la più drammatica dichiarazione

di morte (deicidio), ecco la più grande manifestazione della Vita. Il nostro Dio per amore si

fa configgere, trafiggere ma mai sconfiggere. Felice colpa perché l’amore finalmente si

capisce come Divina Misericordia.

Contemplando l’icona lasciamoci dire quello «Shalôm» pasquale: «Pace a voi». Il vero

significato globale di questa pace che può venire solo da Dio è decifrato da S. Paolo nella

prima lettera ai Tessalonicesi: «Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto

quello che è vostro, spirito (pneuma), anima (psiche) e corpo (soma), si conservi

irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e

farà tutto questo» (1Ts 5, 23-24).

Questa «salvezza totale», corrispondente alla tridimensionalità della nostra persona, può

esser capita solo per rivelazione e può essere attuata solo dal Signore nostro Gesù Cristo,

unico Salvatore. In questo tempo di salutismo esagerato e di ricerca terapeutica nel

parareligioso e nel paranormale, il Signore ci invita a fare il passo decisivo verso di Lui

come Salvatore, cioè liberatore e guaritore, sulla base di un unico principio ben individuato

da S. Pietro dopo la grande batosta e dopo il misericordioso ricupero: «Egli portò i nostri

peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato,

vivessimo per la giustizia: dalle sue piaghe siete stati guariti» (1Pt 2, 24-25).

Se abbiamo ancora dei dubbi è proprio l’Ottava di Pasqua che ci convince una volta per

sempre: «Pace a Voi». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani;

stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente».

Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20, 26-28).

L’Ottava di Pasqua è una grande occasione per parlare del «Giorno del Signore»

perché è qui che comincia la misericordiosa catena che dà senso e altezza all’anno

dell’uomo per renderlo anno del Padre. Quanto abbiamo insistito in questi anni per

ricuperare la domenica di fronte al calo progressivo e disastroso della «pratica» sopportata

più per legge ecclesiastica che per mistero divino.

Ricordiamo la Sacrosanctum Concilium al n. 106: «La domenica è la festa primordiale

che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli… Non le venga anteposta

alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il

fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico».

Tutto questo è stato rispettato dal Decreto per la «denominazione» della Seconda di

Pasqua come Domenica della Divina Misericordia. E da quanto abbiamo detto sopra, guai a

noi se tocchiamo i testi e la collocazione di questo giorno ottavo che è all’inizio della serie

delle domeniche. Però quali ricchezze e quali contenuti ci invita a riconsiderare e rivivere

anche la rivelazione privata di Gesù Misericordioso. Soprattutto per una traduzione in

termini di popolo o di «piccoli del Vangelo» dei molteplici e profondi messaggi.

Proprio come scriveva un noto liturgista, giustamente preoccupato per un possibile

adombramento della grande realtà della Domenica e invece per un sano riferimento alle

rivelazioni private: «Il miglior servizio, anzi il vero servizio delle rivelazioni private, è

quello di condurre al centro del mistero pasquale, entro la strada percorsa da tutta la Chiesa»

(Vita pastorale n. 7/1994).

È quanto ogni vero cultore della Divina Misericordia condivide caldamente.

Finalmente e in maniera forte questa Domenica evidenzia il Sacramento della

Riconciliazione, su cui merita soffermarsi considerando anche la drammatica crisi che oggi

lo investe. Gesù stesso indicò nell’icona il momento dell’istituzione del sacramento e nella

mano destra alzata il gesto del sacerdote che assolve. Parlò molte volte di questo sacramento

con molta passione. Ecco un esempio, questa volta associato al grande tema della

Comunione:

«Quanto mi addolora che le anime si uniscano così poco a Me nella Santa Comunione!

Attendo le anime ed esse sono indifferenti per Me. Le amo con tanta tenerezza e sincerità ed

esse non si fidano di Me. Voglio colmarle di grazie, ma esse non vogliono riceverle.

Trattano con Me come con una cosa inerte eppure ho un cuore pieno d’amore e di

Misericordia. Affinché tu possa conoscere almeno un po’ il Mio dolore, pensa alla più

tenera delle madri, che ama molto i suoi figli, ma i figli disprezzano l’amore della madre.

Immagina il suo dolore, nessuno riuscirà a consolarla. Questa è un’immagine ed una pallida

somiglianza del Mio amore.

Scrivi, parla della Mia Misericordia. Dì alle anime dove debbono cercare le

consolazioni cioè nel tribunale della Misericordia, lì avvengono i più grandi miracoli che si

ripetono continuamente. Per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre

lontane né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un Mio

rappresentante e confessargli la propria miseria ed il miracolo della Divina Misericordia si

manifesterà in tutta la sua pienezza. Anche se un’anima fosse in decomposizione come un

cadavere ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto fosse perduto,

non sarebbe così per Dio: un miracolo della Divina Misericordia risusciterà quest’anima in

tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non approfittano di questo miracolo della Divina

Misericordia! Lo invocherete invano, quando sarà troppo tardi!» (Diario pag. 476).

La Liturgia delle Ore di questa Domenica anticipa il tema nella lettura breve dei primi

vespri, da Romani 5, 10-11:

«Se quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del

Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non

solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora

abbiamo ottenuto la riconciliazione».

Mons. Enzo Lodi, liturgista di fama ma anche pastore aperto ai segni dei tempi, dopo

aver fugato il timore di chi vede in questa domenica così definita quasi una smentita dello

spirito della riforma liturgica, afferma decisamente: «Bisogna riconoscere che finalmente si

celebra la Divina Misericordia nella domenica in cui il Vangelo della Messa (Gv 20, 19-23)

ci presenta due realtà centrali della nostra fede.

La prima è quella espressa dal testo fondamentale che promulga il sacramento della

penitenza, oggi così mal compreso e celebrato, che così potrebbe ritrovare il suo rilievo

biblico. La seconda realtà è la manifestazione del costato aperto dello stesso Risorto (v. 27:

«metti la mano nel mio costato e non essere più incredulo ma credente»), che altrove lo

stesso evangelista ci indica come un mistero sacramentale di fede (Gv 19, 34), perché da

esso scaturiscono il sangue (l’Eucaristia) e l’acqua (il battesimo), che sono il «simbolo dei

sacramenti della chiesa» (cfr. prefazio della festa del S. Cuore di Gesù).

Mi pare che queste ragioni siano sufficienti per fugare ogni dubbio: la riforma

liturgica è così completata, perché la chiesa è guidata dallo Spirito «verso tutta la

verità» (Gv 16, 13). Un testo del card. Ratzinger (cfr. Fede cristiana ieri e oggi, 1969) è qui

significativo: «Per Giovanni, l’immagine del costato trafitto è il punto culminante non

solo della croce, ma di tutta la storia di Gesù. Ora, dopo il colpo della lancia…, la sua

esistenza è completamente aperta; in quel preciso momento egli è completamente «per»;

non è più isolato, ma l’Adamo da cui viene tratta Eva, una nuova umanità… Colui che è

tutto aperto, e che realizza l’essere come radicale accoglienza e comunicazione, manifesta

così quello che è sempre stato in profondità, e cioè la sua condizione di figlio». (Settimana

21-5-2000).

Si può anche notare come nella formula di assoluzione nel nuovo rito del sacramento

della riconciliazione (senz’altro meno giuridica e più teologica) si parte dalla Misericordia

del Padre attraverso la passione e morte e risurrezione del Figlio (sangue) e l’effusione dello

Spirito (acqua) per il frutto del perdono e della pace ottenuto nel ministero consegnato alla

Chiesa.

L’ab-solvere (spezzare catene, liberare, guarire) prende un alto significato entro il

mistero Pasqua-pentecostale per arrivare a quello Shalôm che sigilla sempre una cosa

nuova, una nuova creatura, il miracolo della rivivificazione ogni volta che la morte o i germi

velenosi si siano introdotti nel cammino umano.

Ecco il sacramento della misericordia, della riconciliazione divina, del perdono e

della pace, prima ancora di essere quello della confessione, quale piccolo ma necessario

contributo sacrificale umano ad un’opera che è possibile solo a Gesù e a un ministero da Lui

derivante. E se si parla di penitenza, bisogna dire che l’ha fatta Lui per ciascuno di noi in

maniera tremenda.

E uno si deve domandare: «Ma Signore, è proprio vero che la prima cosa messa in atto

dopo la tua risurrezione è l’istituzione di questo sacramento? Ed è proprio vero che i primi a

beneficiarne sono stati quelli che ti hanno tradito e che in fondo ti hanno più crocifisso? Ed

è proprio vero che a loro così miserabili hai consegnato questo esclusivo potere divino di

perdonare?».

Se è vero questo è vero il discorso della montagna (Matteo) e della pianura (Luca), è

vero il Vangelo della Misericordia.

Possiamo provare, come io ho fatto tante volte, a spiegare anche ai bambini il

sacramento della riconciliazione con esposta l’icona di Gesù Misericordioso. Non solo il

discorso si fa più efficace ma si può quasi notare una misteriosa attrazione che lo rende più

penetrante.

Qualche sacerdote può manifestare incredulità o rigetto. Beh! Dove e con chi ha trovato

Gesù la maggior difficoltà nel farsi comprendere se non fra i suoi intimi? Eppure ha insistito

con loro anche per la scelta finale, perché anche questo è un grande segno di misericordia e

di garanzia che la Chiesa è Sua.

Ancora nel 1982 tentai di spiegare queste cose, appoggiandomi anche all’icona di Gesù,

in un ritiro diocesano per sacerdoti, sicuro in partenza di trovare non solo un terreno

refrattario ma di rovinarmi il nome e la carriera. La reazione fu pesante, com’era

prevedibile, ma quell’uomo intelligente e biblicamente preparato che era l’arcivescovo

Alessandro Maria Gottardi prese pubblicamente la mia difesa e appoggiò la causa per

iscritto addirittura sull’organo ufficiale della diocesi (Rivista Diocesana Tridentina, giugno

1982, pp. 439-40). Ecco il testo, di estrema attualità ancor oggi:

«Sia dunque per l’assenza di alcuni, sia per una chiarificazione che mi pare necessaria a

risolvere le difficoltà suscitate in altri da una presentazione del tema apparsa alquanto

personalizzata, ritengo mio dovere confermare, perché non ne resti nell’insieme una

impressione errata, che – al di là di un certo rivestimento occasionale – la sostanza della

trattazione era non solo esatta, ma fortemente robusta.

Il contesto della giornata – non teologico o catechistico, ma direttamente finalizzato allo

spirituale – giustificava del resto alcune applicazioni e deduzioni che risultarono tutt’altro

che inopportune. Come appare dallo schema delle due meditazioni (vedi qui a pag. 460), il

relatore ha inteso presentare, nello sfondo del cenacolo, i tre eventi strettamente connessi tra

loro, che vi si verificarono tra la Pasqua e la Pentecoste: la istituzione della Eucaristia,

quella del sacramento della Penitenza, e il dono dello Spirito Santo.

Questi tre eventi pasquali – abitualmente presenti nella catechesi apostolica fin dai primi

momenti – san Giovanni nella sua prima lettera (5, 6 – 9) sintetizza significativamente –

avendovi elaborato una propria teologia – nella celebre trilogia «Spiritus, et aqua, et

sanguis». Egli li vede tutti e tre convergenti («tres in unum sunt») a testimoniare l’amore

Trinitario espresso nell’opera redentrice di Gesù (in questo senso ha significato la

particolare devozione al sacro Cuore): un amore che nella espiazione e nel perdono del

peccato manifesta la sua originalità («amare il non amabile») e autenticità (è amore

sommamente gratuito e ablativo); e insieme ci invita e ci consente, per il dono dello Spirito,

a riformare la nostra vita e i nostri rapporti secondo un «modello nuovo» – quello appunto

Trinitario – ispirato alla «nuova alleanza»: così da consentire anche a noi di «amare come

Dio ama».

«In questo quadro fu dato particolare rilievo – con una certa ampiezza e molto

opportunamente – al sacramento della Penitenza, anch’esso, non meno dell’Eucaristia,

tipicamente pasquale. Poiché si trattava di un ritiro per sacerdoti, esso venne presentato in

rapporto alla nostra personale esperienza di «penitenti». Dalla illustrazione dei molteplici

motivi per una ripresa della confessione frequente anche di noi sacerdoti (e dei religiosi e

religiose), ne risulta, tra l’altro, la possibilità, anche per noi, di cogliere più in profondità

le caratteristiche dell’amore misericordioso che in esso il Signore ci viene

manifestando; e la constatazione che quanto più assimiliamo personalmente

l’esperienza di tale misericordia, tanto più ne diventiamo a nostra volta capaci verso

chi ricorre al ministero della riconciliazione che ci è stato affidato, e nel quale

«deteniamo le chiavi del Sangue di Cristo!».

Anche per noi sacerdoti, la frequenza alla confessione è dunque un tema da rivedere, un

tesoro da riscoprire».

Così si esprimeva e si esponeva l’arcivescovo Alessandro Maria Gottardi, al quale va

tutta la nostra riconoscenza.

MINISTERO SACERDOTALE

COME MINISTERO DI MISERICORDIA

Lettera di Giovanni Paolo II per il Giovedì Santo 2001.

Merita a questo punto prendere in seria considerazione la lettera di Giovanni Paolo II ai

sacerdoti per il Giovedì Santo 2001. Ecco alcuni tratti:

«Davvero grande è il mistero di cui siamo stati fatti ministri. Mistero di un amore senza

limiti, giacché «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò senza fine» (Gv 13,1).

Questo Giovedì Santo è il primo dopo il Grande Giubileo. L’esperienza che abbiamo

fatto con le nostre comunità, nella speciale celebrazione della misericordia, a duemila

anni dalla nascita di Gesù, diventa ora la spinta per un ulteriore cammino. Duc in altum!

Occorre ripartire da Lui… sviluppare sempre più il rapporto con Lui, invitati a vivere

nella Sua intimità.

Tra i tanti aspetti di questo incontro, mi piace oggi scegliere quello della riconciliazione

sacramentale… il Sacramento della Misericordia.

È importante, in questa giornata per eccellenza dell’amore, che noi sentiamo la grazia

del sacerdozio come una sovrabbondanza di misericordia. Misericordia è l’assoluta

gratuità con cui Dio ci ha scelti: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv

15,16). Misericordia è la condiscendenza con cui ci chiama ad operare come suoi

rappresentanti, pur sapendoci peccatori; Misericordia è il perdono che Egli mai ci rifiuta.

Riscopriamo, dunque, la nostra vocazione come «mistero di misericordia».

Pietro esclama: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5,8). Ma quasi

non ha finito di pronunciare la sua confessione, che la misericordia del Maestro si fa per

lui inizio di vita nuova: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini (5,10). Il

peccatore diventa ministro di misericordia».

Sarà sulla base di questo amore, corroborato dal fuoco della Pentecoste, che Pietro potrà

adempiere al ministero ricevuto.

E non è dentro un’esperienza di misericordia che nasce anche la vocazione di Paolo?

Quanto più si è avvolti dalla misericordia, tanto più si sente il bisogno di testimoniarla e

irradiarla. La voce che lo raggiunge sulla via di Damasco, lo porta al cuore del Vangelo, e

glielo fa scoprire come amore misericordioso del Padre che riconcilia a sé il mondo. Su

questa base Paolo comprenderà il servizio apostolico come ministero di riconciliazione.

L’esperienza dei due Apostoli ci induce ad abbandonarci alta misericordia di Dio.

A questo scopo, è importante che riscopriamo il sacramento della Riconciliazione come

strumento della nostra santificazione.

È bello poter confessare i nostri peccati, e sentire come un balsamo la parola che ci

inonda di misericordia e ci rimette in cammino, chiamati a rappresentare il volto del Buon

Pastore e dunque ad avere il cuore stesso di Cristo.

Bisogna celebrare il sacramento nel migliore dei modi, nelle forme liturgicamente

previste, perché esso conservi la sua piena fisionomia di celebrazione della divina

Misericordia».

Conferenza stampa per la presentazione

Per ben 15 volte in questa lettera il Papa dava rilievo alla misericordia. Ed è per questo

che nella conferenza stampa di presentazione della lettera il Card. Dario Castrillon Hoyos,

prefetto della Congregazione per il Clero, ha non solo insistito sul tema ma è andato a

riscoprire le radici più evidenti che stanno alla base degli insegnamenti e dell’esperienza del

Papa:

Il Duc in altum è un invito a prendere il largo verso il vasto oceano della

misericordia divina, un’esortazione ai fratelli sacerdoti di entrare nelle profondità della

misericordia del Padre. La Riconciliazione sacramentale è strumento di misericordia

divina per l’intera umanità.

È un’affermazione profetica, che è insieme richiamo ad una più fiduciosa ed audace

pastorale della misericordia divina, dinanzi alla temporanea crisi della pratica del

Sacramento del Perdono.

I nostri confessionali sono silenziosi testimoni proprio dell’amore di Dio Padre, della

grazia del Signore nostro Gesù Cristo e dell’unità dello Spirito Santo. Il sacramento della

misericordia e l’uomo (sacerdote) il canale della misericordia.

Il Santo Padre, con tocco squisitamente pastorale, richiama tutti noi sacerdoti a sentire

«la grazia del sacerdozio come una sovrabbondanza di misericordia»; «Riscopriamo,

dunque, la nostra vocazione come mistero di misericordia».

E la misericordia non è qualcosa ma è Qualcuno: Cristo Gesù è la misericordia e

noi possiamo capire il significato di questa parola soltanto se abbiamo presente Lui.

Misericordia è la chiave per aprire la porta al mistero dei Redentore e, di conseguenza, alla

comprensione del sacerdozio ordinato.

Nell’Enciclica Redemptor Hominis il Santo Padre ci insegna che «la rivelazione

dell’amore e della misericordia ha nella storia dell’uomo una forma e un nome: si chiama

Gesù Cristo» (RH 9).

E qui siamo al cuore della divina Rivelazione; questo è il cristianesimo. Su questo

sfondo si staglia l’esortazione del Santo Padre: «Riscopriamo, dunque, la nostra vocazione

come mistero di misericordia».

Il sacerdote deve fare esperienza intensa, coinvolgente, appassionata di Gesù e per

questo, nonostante tutte le urgenze, anzi, in un certo senso, proprio a causa di queste, deve

essere uomo di orazione indistruttibile e deve sperimentare personalmente la divina

misericordia per poi riversarla generosamente, quasi per traboccamento, sui fratelli.

Ritornando con la mente ai grandi segni giubilari, ne ricordo uno che si addice ai

contenuti e all’afflato della lettera.

Penso alla prima canonizzazione del Grande Giubileo, quella di Suor Faustina

Kowalska, umile religiosa polacca alla quale il Signore risorto, rivelandosi a lei fra le due

guerre mondiali, ha affidato uno straordinario messaggio, quanto mai attuale e che il Santo

Padre ha espressamente consegnato alla generazione del nuovo Millennio: «La luce della

divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il

carisma di Suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio» (Omelia

alla canonizzazione, 30 aprile 2000).

Il Santo Padre esorta in modo pratico e concreto, tutti i sacerdoti ad accostarsi al

Sacramento del Perdono e ad offrire, con l’urgenza della carità di Cristo, il sublime dono

della misericordia divina a tutti coloro che lo richiedono, mediante l’ascolto della

Confessione sacramentale».

Il Sacramento della Riconciliazione che, per la vita sacerdotale è «sostegno,

orientamento e medicina, è irrinunciabile per ogni esistenza cristiana» (n. 11).

«Signore mio e Dio mio». Sacerdote, sei mistero di misericordia.

Poi la Congregazione per il Clero interveniva in modo forte in occasione della

solennità del Sacro Cuore, giornata mondiale per la santificazione dei sacerdoti, offrendo un

prezioso sussidio di meditazioni e preghiere, per rileggere la vocazione e il ministero

sacerdotale alla luce del mistero della misericordia divina. Firmato al 13 maggio 2001, dal

prefetto Card. Dario Castrillon Hoyos, portava il titolo significativo: «Signore mio e Dio

mio». Sacerdote, sei mistero di misericordia».

Il filo conduttore proviene sempre dalla lettera di Giovanni Paolo II ai sacerdoti per il

giovedì santo 2001, che ritorna ad essere luce per camminare e soprattutto per ritornare sul

valore del sacramento della Riconciliazione, come via fondamentale alla santificazione,

come via dell’amore misericordioso (pp. 3-4). Se per assurdo ci mancasse l’esperienza

della divina misericordia, come potremmo essere in comunione vitale con il Padre, ricco

di misericordia? Non saremmo tralci vivi ma secchi, separati dalla vite (Gv 15, 6). A noi

ministri del Vangelo, il Vangelo comanda: «Siate misericordiosi come è misericordioso il

Padre vostro» (Lc 6, 36). In questa frase è racchiusa tutta la nostra perfezione: diventare

come il Padre celeste! «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il padre vostro celeste»

(Mt 5, 48).

La misericordia di Dio è la sua perfezione e deve diventare anche la nostra perfezione

sacerdotale (p. 9).

Le riflessioni sviluppate nel sussidio offrono numerosi spunti di grande interesse anche

attorno ai temi che stiamo qui trattando.

E in questo contesto ci sono importanti riferimenti alle rivelazioni di Gesù

Misericordioso per i nostri tempi e perciò al Diario di Santa Faustina. Un particolare

rilievo viene dato al discorso di Gesù sul sacramento della Riconciliazione: «Scrivi, parla

della mia misericordia. Dì alle anime dove debbono cercare le consolazioni cioè nel

tribunale della misericordia; lì avvengono i più grandi miracoli che si ripetono

continuamente; per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre lontane,

né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un mio

rappresentante e confessargli la propria miseria e il miracolo della Divina Misericordia si

manifesterà in tutta la sua pienezza. Anche se un’anima fosse in decomposizione come un

cadavere e umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto fosse perduto,

non sarebbe così per Dio: un miracolo della Divina Misericordia risusciterà quest’anima in

tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non approfittano di questo miracolo della Divina

Misericordia! Lo invocherete invano, quando sarà troppo tardi!» (Diario, Q V, p. 476).

Riferendosi al vangelo dell’apparizione di Gesù Risorto nel cenacolo (che è l’immagine

di Gesù Misericordioso) e al commento del Santo Padre nell’omelia della seconda

Domenica di Pasqua del 2001 – festa della misericordia di Dio, si richiama un altro testo del

Diario di Santa Faustina: «In quel giorno sono aperte le viscere della mia misericordia,

riverserò tutto un mare di grazia sulle anime che si avvicinano alla sorgente della mia

misericordia. L’anima che si accosta alla confessione e alla santa Comunione, riceve il

perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i

quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a me, anche se i

suoi peccati fossero come lo scarlatto» (Q 11, 267).

Dal costato trafitto di Cristo era scaturito il sangue e l’acqua (Gv 19, 34). Giovanni nel

contemplare questo flusso sovrabbondante di misericordia, vi aveva trovato la forza per

rimanere fedele al Signore. Giovanni, imitando Maria, la Madre di Gesù, si era lasciato

conquistare dall’amore misericordioso di Cristo (pp 22-23).

Per questo, allora come oggi, dobbiamo accostarci con fiducia al Cuore misericordioso

di Dio, da dove scorre ininterrotto il flusso della sua misericordia e davanti al costato trafitto

di Cristo possiamo pregare: «O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù, come

sorgente di misericordia per noi, confido in te» (Santa Faustina Kowalska) (p. 38).

Dall’omelia di Giovanni Paolo II per la canonizzazione di suor Faustina Kowalska, 30

aprile 2000: «Attraverso il cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli

uomini: «Figlia mia, dì che sono l’Amore e la Misericordia in persona» chiederà Gesù a

suor Faustina» (Diario, 374). Questa misericordia Cristo effonde sull’umanità mediante

l’invio dello Spirito che, nella Trinità, è la Persona Amore (p. 43).

Nella riflessione sulla fiducia nella divina misericordia si cita da Santa Faustina

Kowalska: «Figlia mia.dì che sono l’amore e la misericordia in persona. Quando un’anima

si avvicina a me con fiducia, la riempio di una tale quantità di grazia, che essa non può

contenerla in sé e la irradia sulle altre anime. Le anime che diffondono il culto della mia

misericordia, le proteggo per tutta la vita, come una tenera madre protegge il suo bimbo

ancora lattante e nell’ora della morte non sarò per loro Giudice, ma Salvatore

misericordioso. In quell’ultima ora, l’anima non ha nulla in sua difesa, all’infuori della mia

misericordia. Felice l’anima che durante la vita si è immersa nella sorgente della

misericordia, poiché la giustizia non la raggiungerà.

«Scrivi: tutto ciò che esiste è racchiuso nelle viscere della mia misericordia più

profondamente di un bimbo nel grembo materno. Quanto dolorosamente mi ferisce la

diffidenza verso la mia bontà! I peccati di sfiducia sono quelli che mi feriscono nella

maniera più dolorosa» (Diario, Q III, p. 374).

Dalla Omelia di Giovanni Paolo II per la canonizzazione di suor Faustina Kowalska, 30

aprile 2000: «Questo messaggio consolante si rivolge soprattutto a chi, afflitto da una prova

particolarmente dura o schiacciato dal peso dei peccati commessi, ha smarrito ogni fiducia

nella vita ed è tentato di cedere alla disperazione. A lui si presenta il volto dolce di Cristo,

su di lui arrivano quei raggi che partono dal suo cuore e illuminano, riscaldano, indicano il

cammino e infondono speranza. Quante anime ha già consolato l’invocazione «Gesù,

confido in Te», che la Provvidenza ha suggerito attraverso suor Faustina! Questo semplice

atto di abbandono a Gesù squarcia le nubi più dense e fa passare un raggio di luce nella vita

di ciascuno (pp. 46-47).

Come preghiera finale il sussidio della Congregazione per il Clero suggerisce la recita

delle litanie della Divina Misericordia, tratte dal Diario di Santa Faustina.

LE FORME DEL CULTO

DELLA DIVINA MISERICORDIA

Sono state definite dalla Chiesa stessa in questi cinque punti sostanziali.

Essi possono essere i cardini anche di una spiritualità della Divina Misericordia.

L’immagine di Gesù Misericordioso

Deve essere secondo il modello dato da Gesù stesso nella famosa apparizione del 22

febbraio del 1931 e deve suggerire le interpretazioni che da Lui sono state offerte.

La ricchezza teologica e didattica è di evidente impatto soprattutto la si inquadri nel

mistero della rivelazione divina e nel contesto anche pratico del sacramento della

Misericordia che è quello della Riconciliazione. Gesù è appunto raffigurato nell’atto

dell’istituzione.

Che l’immagine, in senso più completo, sia definita «della Divina Misericordia» fa

capire tutte le dimensioni del mistero pasquale e il coinvolgimento di tutta la Trinità

Misericordiosa.

La scritta sotto l’immagine è anche voluta in senso assoluto da Gesù per esortarci alla

risposta del cuore. Essa dice «Gesù, confido in Te» ed esprime una totalità di corrispondente

donazione che va dal mondo della preghiera e quello dell’azione.

Consolanti sono le promesse del Signore: «Attraverso questa immagine concederò

molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve poter accedere ad essa» (Q 11, 227).

La Domenica della Divina Misericordia

Gesù manifestava fin dall’inizio il desiderio di questa «festa» da celebrarsi in tutta la

Chiesa nell’ottava di Pasqua e vi annetteva significati teologici che oggi risultano sempre

più evidenti quando si considera il legame stretto fra il mistero pasquale e la manifestazione

più alta della Misericordia di Dio.

«Nessuna anima troverà giustificazione finché non si rivolgerà con fiducia alla mia

misericordia ed i sacerdoti in quel giorno debbono parlare della mia grande e insondabile

misericordia» (Q 11, 227).

La Coroncina della Divina Misericordia.

Fu suggerita da Gesù a Vinlius fra il 13 e 14 settembre 1935. Si dimostra sempre più

uno strumento semplice (e così dev’essere nella prassi divina da sempre collaudata) per

ottenere cose grandi, nell’associazione al mistero eucaristico in cui si offre all’Eterno Padre

«il corpo, il sangue, l’anima e la divinità» del dilettissimo Figlio per la salvezza del mondo.

L’opera di misericordia che si realizza attraverso questa carità orante va a toccare il

peccatore da convertire, l’agonizzante che deve fare la decisione finale da cui dipende

l’eternità, e passa oltre la morte per uno scambio intergenerazionale con le anime in

purificazione nel cammino verso il finale abbraccio del Padre. È evidentemente uno

strumento che ci pone con Gesù unico Mediatore nel ministero d’intercessione a favore di

tutte le necessità dei fratelli, soprattutto nei momenti di maggior trepidazione per le sorti

dell’umanità.

«Con la recita della Coroncina avvicini a me il genere umano» (Q II, 333).

L’ora della Misericordia (Ora nona)

Nell’ottobre del 1937 Gesù fece un invito a suor Faustina: «Ogni volta che senti

l’orologio battere le tre, ricordati di immergerti tutta nella mia misericordia, adorandola ed

esaltandola; invoca la sua onnipotenza per il mondo intero e specialmente per i poveri

peccatori, poiché fu in quell’ora che venne spalancata per ogni anima… In quell’ora fu fatta

grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia» (Q V, 517).

Oggi è diventata un appuntamento a livello mondiale.

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Qui si prevede un vero movimento d’anime che assimila e proclama il grande annuncio

e che si prodiga nelle opere di misericordia spirituale e corporale.

Dice la Chiesa, interpretando questo mandato, che oggi è un movimento apostolico per

proclamare e implorare la Misericordia Divina per il mondo, che in maniera trasversale

abbraccia tutte le strutture della Chiesa dai sacerdoti, alle congregazioni religiose e alle

associazioni laicali.

Il messaggio, come è codificato nel Diario – continua a dire la Chiesa – «avvicina in

modo straordinario il mistero della Misericordia Divina e affascina non soltanto la gente

comune ma anche i ricercatori che scoprono in esso una fonte supplementare per le loro

ricerche teologiche» (Dal libretto del giorno della canonizzazione).

APPELLO DI GESÙ MISERICORDIOSO

Quando sono andata all’adorazione, ho udito queste parole: «Mia diletta figlia, scrivi

queste parole, che oggi il Mio Cuore ha riposato in questo convento.

Parla al mondo della mia Misericordia, del Mio amore.

Le fiamme della Misericordia Mi bruciano, desidero riversarle sulle anime degli uomini.

Oh, che dolore Mi procurano quando non vogliono accettarle!

Figlia Mia, fa’ quanto è in tuo potere per la diffusione del culto della Mia Misericordia,

Io completerò quello che ti manca. Dì all’umanità sofferente che si stringa al Mio Cuore

misericordioso e Io li [sic!] colmerò di pace.

Figlia Mia, dì che sono l’amore e la Misericordia in persona. Quando un’anima si

avvicina a Me con fiducia, la riempio di una tale quantità di grazia, che essa non può

contenerla in sé e la irradia sulle altre anime.

Le anime che diffondono il culto della Mia Misericordia, le proteggo per tutta la vita,

come una tenera madre protegge il suo bimbo ancora lattante e nell’ora della morte non sarò

per loro Giudice, ma Salvatore misericordioso. In quell’ultima ora, l’anima non ha nulla in

sua difesa, all’infuori della Mia Misericordia. Felice l’anima che durante la vita si è

immersa nella sorgente della Misericordia, poiché la giustizia non la raggiungerà.

Scrivi: tutto ciò che esiste è racchiuso nelle viscere della Mia Misericordia più

profondamente di un bimbo nel grembo materno. Quanto dolorosamente mi ferisce la

diffidenza verso la Mia bontà! I peccati di sfiducia sono quelli che mi feriscono nella

maniera più dolorosa (Diario, p. 374).

APPENDICE

Appendice 1. Messa votiva

della Misericordia di Dio

Colore liturgico bianco.

ANTIFONA D’INGRESSO

Dio ci amò di amore eterno: mandò il suo Figlio unigenito come vittima di espiazione

per i nostri peccati, anzi non per i nostri soltanto, ma per quelli di tutto il mondo.

Ger 31, 3; Gv 2, 2

oppure:

Canterò senza fine le misericordie del Signore,

con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli.

Sal 38, 2

COLLETTA

O Dio, la tua misericordia è infinita,

senza limite è la tua tenerezza:

accresci benigno la fede del popolo a te consacrato,

affinché tutti comprendano, con sapienza,

quale amore li ha creati,

quale sangue li ha redenti,

quale Spirito li ha rigenerati.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

oppure:

COLLETTA

O Dio, infinitamente misericordioso, che rafforzi la fede del tuo popolo, * fa’ che

aumenti la grazia che ci hai donato * perché tutti i credenti comprendano meglio

l’immensità dell’Amore con il quale siamo stati creati, il valore del Sangue che ci ha

redenti, la potenza dello Spirito che ci ha rigenerato alla vita e continua a guidarci.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità

dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA

Dio nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù

Cristo dai morti.

Dalla prima lettera di san Pietro Apostolo 1Pt 1, 3-9

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande

misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una

speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è

conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la

vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi.

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove,

perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire,

tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù

Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò

esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la

salvezza delle anime.

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal 118(117), 2-4; 13-15; 22-24

Rit. Buono è il Signore, eterna è la sua misericordia.

Dica Israele che egli è buono:

eterna è la sua misericordia.

Lo dica la casa di Aronne:

eterna è la sua misericordia.

Lo dica chi teme Dio:

eterna è la sua misericordia. Rit.

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,

ma il Signore è stato mio aiuto.

Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria,

nelle tende dei giusti. Rit.

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta testata d’angolo;

ecco l’opera del Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno fatto dal Signore:

rallegriamoci ed esultiamo in esso. Rit.

ACCLAMAZIONE AL VANGELO

cfr. Sal 145 (144), 9

Alleluia, Alleluia.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua misericordia si espande su tutte le creature.

Alleluia.

VANGELO

Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la sua vita in riscatto per molti.

�� Dal Vangelo secondo Matteo. Mt 20, 25-28

Gesù, chiamato a sé i suoi discepoli, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete,

dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi;

ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il

primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per

essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».

oppure:

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

�� Dal Vangelo secondo Giovanni. Gv 15, 9-14

Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il

mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un

amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando».

Parola del Signore.

SULLE OFFERTE

Signore, accogli clemente le nostre offerte

e trasformale in sacramento di redenzione,

affinché in virtù di questo sacrificio,

memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio,

nostra fiducia

possiamo giungere alla vita eterna.

Per Cristo nostro Signore.

oppure:

SULLE OFFERTE

Dio onnipotente, accogli benigno le offerte dei tuoi servi e trasformale nel Sacramento

della redenzione, nel quale celebriamo il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio

+ perché, mediante la forza di questo sacrificio, sperando sempre nel Cristo risorto,

arriviamo alla partecipazione della tua risurrezione.

Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA ALLA COMUNIONE Gv 19, 34

Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.

oppure: Gv 7, 37-38

Gesù esclamò ad alta voce: Chi ha sete venga a me, e beva chi crede in me; * fiumi di

acqua viva sgorgheranno dal suo seno.

La misericordia di Dio è da sempre,

dura in eterno per quanti lo onorano.

DOPO LA COMUNIONE

O Dio, pieno di misericordia, concedi a noi, nutriti con il Corpo e il Sangue del tuo

Figlio, + di attingere con fiducia, le grazie alle sorgenti della misericordia * e diventare

anche noi sempre più misericordiosi verso i nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

Appendice 2. 5 ottobre

SANTA FAUSTINA KOWALSKA, VERGINE

ANTIFONA D’INGRESSO Sal 88, 2

Canterò senza fine la misericordia del Signore,

con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli.

COLLETTA

Dio onnipotente ed eterno,

che hai scelto la Santa Faustina Kowalska

per proclamare al mondo

le immense ricchezze

della tua infinita misericordia

concedi a noi, per sua intercessione,

di confidare come lei pienamente nella tua bontà

e di compiere con cuore generoso

le opere di carità cristiana.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA

(Alleanza con Dio nella misericordia e nella fedeltà)

Dal Libro del Profeta Osea 2, 16b. l7. 21-22

Così dice il Signore: «La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le

renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei

giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto.

Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella

benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore».

Parola di Dio.

Oppure:

PRIMA LETTURA

(La misericordia di Dio verso gli uomini)

Dal Libro del Profeta Osea 11, 1. 3-4. 8c-9.

Così dice il Signore: «Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho

chiamato mio figlio. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non

compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore;

ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da

mangiare.

Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò

sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non

uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira».

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE Sal 102 (103) 1-4. 8-9. 11-12 (Rit.: cf. 8a)

Rit. Il Signore è buono e pieno di misericordia.

Benedici il Signore, anima mia,

quanto è in me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia,

non dimenticare tanti suoi benefici. Rit.

Egli perdona tutte le tue colpe,

guarisce tutte le tue malattie;

salva dalla fossa la tua vita,

ti corona di grazia e di misericordia. Rit.

Buono e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Egli non continua a contestare

e non conserva per sempre il suo sdegno. Rit.

Come il cielo è alto sulla terra,

così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;

come dista l’oriente dall’occidente,

così allontana da noi le nostre colpe. Rit.

SECONDA LETTURA

(Le dimensioni dell’amore misericordioso di Cristo sono infinite)

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini 3, 8-12. 14-19

Fratelli, a me, che sono l’infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di

annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di far risplendere agli occhi di

tutti qual è l’adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore

dell’universo, perché sia manifestata ora nel cielo, per mezzo della Chiesa, ai Principati e

alle Potestà la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo

Gesù nostro Signore, il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la

fede in lui.

Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli

e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere

potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che il Cristo abiti per la fede nei

vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i

santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di

Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Parola di Dio.

Oppure:

SECONDA LETTURA

(Riconciliazione con Dio in Cristo)

Dalla seconda Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi 5, 14-21

Fratelli, l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti

sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi,

ma per colui che è morto e risuscitato per loro.

Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo

conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in

Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha

affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il

mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della

riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per

mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che

non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi

potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO 1 Gv 4, 19b e l0b

Rit. Alleluia, alleluia.

Dio ci ha amati per primo e ha mandato il suo Figlio

come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Rit. Alleluia.

VANGELO

(Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto)

�� Dal Vangelo secondo San Giovanni 19, 31-36. 37

Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce

durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero

loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le

gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù

e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il

fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.

Chi ha visto ne da testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero,

perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura:

«Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

Parola del Signore.

Oppure:

CANTO AL VANGELO Mt 11, 29

Rit. Alleluia, Alleluia.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me

che sono mite e umile di cuore.

Rit. Alleluia.

VANGELO

(La rivelazione di Cristo mite e umile di cuore)

�� Dal Vangelo secondo San Matteo 11, 25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché

hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o

Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il

Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo

voglia rivelare.

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio

giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per

le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».

Parola del Signore.

SULLE OFFERTE

O Dio, nostro Padre, accogli i doni, che ti offriamo con gioia,

e concedi che anche noi, uniti in Cristo,

possiamo offrirti il sacrificio di espiazione

per i peccati nostri e del mondo intero.

Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA ALLA COMUNIONE Sal 117, 1

Celebrate il Signore, perché è buono,

perché eterna è la sua misericordia.

DOPO LA COMUNIONE

O Dio, ricco di misericordia,

il Santissimo Sacramento che abbiamo ricevuto

rinnovi il nostro corpo e il nostro spirito,

affinché, sull’esempio della santa Faustina,

possiamo portare al mondo intero

la speranza della tua misericordia.

Per Cristo nostro Signore.

Appendice 3 II° DOMENICA DI PASQUA

DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

ANTIFONE e ORAZIONI

ANTIFONA D’INGRESSO 1Pt 2, 2

Come bambini appena nati,

bramate il puro latte spirituale,

che vi faccia crescere verso la salvezza.

Alleluia.

Oppure: 4 Esd 2, 36: 37 (Volg.)

Entrate nella gioia e nella gloria,

e rendete grazie a Dio,

che vi ha chiamato al regno dei cieli. Alleluia.

ORAZIONE

Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo,

accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l’inestimabile ricchezza

del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha

redenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,

nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Oppure:

Anno A

Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza

viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli

Apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto

della vita nuova. Per il nostro Signore, Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con

te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Anno B

O Dio, che in ogni Pasqua domenicale ci fai vivere le meraviglie della salvezza, fa’ che

riconosciamo con la grazia dello Spirito il Signore presente nell’assemblea dei fratelli, per

rendere testimonianza della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,

che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Anno C

O Padre, che nel giorno del Signore raduni il tuo popolo per celebrare colui che è il

Primo e l’Ultimo, il Vivente che ha sconfitto la morte, donaci la forza del tuo Spirito,

perché, spezzati i vincoli del male, ti rendiamo il libero servizio della nostra obbedienza e

del nostro amore, per regnare con Cristo nella gloria.;Egli è Dio, e vive e regna con te,

nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

LITURGIA DELLA PAROLA

Anno A

PRIMA LETTURA At 2, 42-47

Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme

e tenevano ogni cosa in comune

Dagli Atti degli Apostoli.

I fratelli erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione

fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e

segni avvenivano per opera degli apostoli.

Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in

comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il

bisognò di ciascuno.

Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa

prendendo i pasti con letizia è semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la stima di tutto il

popolo.

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE dal salmo 117

Rit. Abbiamo contemplato, o Dio,

le meraviglie del tuo amore

oppure:

Rit. Alleluia

Celebrate il Signore perché è buono,

perché eterna è la sua misericordia.

Dica Israele che il Signore è buono:

eterna è la sua misericordia.

Lo dica la casa di Aronne:

eterna è la sua misericordia.

Lo dica chi teme Dio:

eterna è la sua misericordia. Rit.

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,

ma il Signore è stato mio aiuto.

Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria,

nelle tende dei giusti. Rit.

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta testata d’angolo;

ecco l’opera del Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno fatto dal Signore:

rallegriamoci ed esultiamo in esso. Rit.

Anno A

SECONDA LETTURA 1 Pt 1, 3-1

Ci ha rigenerati per una speranza viva,

mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo.

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia

egli ci ha generati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva,

per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce.

Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la

fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi.

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da

varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato

a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione

di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui.

Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede,

cioè la salvezza delle anime.

Parola di Dio.

SEQUENZA facoltativa, p. 462.

CANTO AL VANGELO e VANGELO, P. 499.

Anno B

PRIMA LETTURA At -4, 52-3c

Un cuore solo e un’anima sola.

Dagli Atti degli Apostoli.

La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola

e nessuno diceva sua, proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro

comune.

Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore

Gesù e tutti essi godevano di grande stima.

Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li

vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli

apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.

Parola di Dio.

Anno B

SECONDA LETTURA 1 Gv 5, 1-6

Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo.

Dalla prima lettera di san Giovanni Apostolo.

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha

generato, ama anche chi da lui è stato generato.

Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i

comandamenti, perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi

comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Tutto ciò che è nato da Dio vince

il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede.

E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?

Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto,

ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è

la verità.

Parola di Dio.

Anno C

PRIMA LETTURA At 5, 12-16

Aumentava il numero di coloro che credevano nel Signore

Dagli Atti degli Apostoli.

Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano

soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma

il popolo li esaltava.

Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel

Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e

giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.

Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone

tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

Parola di Dio.

Anno C

SECONDA LETTURA Ap 1, 9-11. 12-13. 17-19

Io ero morto, ma ora vivo per sempre.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo.

Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella

costanza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Pàtmos a causa della parola di Dio e della

testimonianza resa a Gesù.

Rapito in èstasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente, come di

tromba, che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese.

Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri

d’oro e in mezzo ai candelabri c’era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai

piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.

Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi

disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per

sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto,

quelle che sono e quelle che

accadranno dopo.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO Gv 20. 29

Rit. Alleluia

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto:

beati quelli che pur non avendo visto, crederanno.

Rit. Alleluia

Anni A-B-C

VANGELO Gv 20, 19-31

Otto giorni dopo, venne Gesù.

�� Dal vangelo secondo Giovanni.

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del

luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a

loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli

gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando

voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi

rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.

Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!»

Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito

nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso.

Venne Gesù; a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a

Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio

costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio

Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo

visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei, suoi discepoli, ma non sono

stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il

Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore.

ORAZIONE SULLE OFFERTE

Accogli con bontà, Signore, le offerte del tuo popolo (e dei nuovi battezzati): tu che ci

hai chiamati alla fede e rigenerati nel Battesimo, guidaci alla felicità eterna. Per Cristo

nostro Signore.

1. Prefazio; Pasquale I.

2. Prefazio dalla Solennità del S. Cuore.

Il Cuore di Cristo fonte di salvezza.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie

sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo

nostro Signore.

Innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi, e dalla ferita del

suo fianco, effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli

uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingessero con gioia alla fonte perenne della

salvezza.

Per questo mistero, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo senza fine l’inno della tua

gloria:

Santo, Santo, Santo…

3. Prefazio del Battesimo.

PREFAZIO: È giusto renderti grazie ed esaltare il tuo nome, Padre santo e

misericordioso, per Cristo nostro Signore e Redentore.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo, per il sacramento della nostra rinascita.

Dal cuore squarciato del tuo Figlio hai fatto scaturire per noi il dono nuziale del Battesimo,

prima Pasqua dei credenti, porta della nostra salvezza, inizio della vita in Cristo, fonte

dell’umanità nuova. Dall’acqua e dallo Spirito, nel grembo della Chiesa vergine e madre, tu

generi il popolo sacerdotale e regale, radunato da tutte le genti nell’unità e nella santità del

tuo amore.

Per questo dono della tua benevolenza la tua famiglia ti adora e, unita agli angeli e ai

santi, canta l’inno della tua lode:

ANTIFONA ALLA COMUNIONE cfr Gv 20, 27

«Accosta la tua mano,

tocca le cicatrici dei chiodi

e non essere incredulo,

ma credente ». Alleluia.

ORAZIONE DOPO LA COMUNIONE

O Dio onnipotente, la forza del sacramento pasquale che abbiamo ricevuto continui a

operare nella nostra vita. Per Cristo nostro Signore.